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American psychoPer quanto io sia dell’opinione che ogni storia vada raccontata, ammetto che questo romanzo di Bret Easton Ellis sia un vero pugno allo stomaco. Non che io sia di gusti delicati, anzi, ho iniziato a masticare pane e splatter da quando ho finito la quinta elementare. Eppure in questo romanzo, più di una volta, lo stomaco viene messo a dura prova con scene di una violenza e di una crudeltà che ho visto raramente.

Se si considera, inoltre, che questo libro ha anticipato di diversi anni la recente inclinazione voyeuristca che ha invaso l’horror negli ultimi tempi, capiamo quanto la storia e certi passaggi in particolare abbiano una potenza devastante.

Brett Ellis ci fa sprofondare nella vita di Patrick Bateman un giovane e ricco yuppie di Manhattan, impiegato in un ruolo prestigioso  a Wall Street. Ma mentre di giorno Patrick vive una vita basata su pranzi di lavoro, locali alla moda e riunioni a base di cocaina tra amici, al calare delle tenebre lascia che la sua frustrazione esploda, tramutandosi nell’assoluto disprezzo degli emarginati, invidia nei confronti dei colleghi, e totale distacco verso le donne, rivelando la personalità del serial killer che da sempre è in lui.

La cosa più assurda nel modo di raccontarci la vita di Bateman che Ellis utilizza, è l’indifferenza e la non curanza totale con la quale si passa dalle fantasie più spietate e sadiche, ai dialoghi più inutili e vanesi che mi sia mai capitato di leggere. Poi, proprio quando si pensa di aver acquistato una versione anni ’80 di Sex and the City, la pazzia di Bateman (e a volte viene il dubbio che lo stesso Ellis ne sia affetto) colpisce durissima, rapida e implacabile come olio bollente che schizza di colpo sulla pelle. La tecnica funziona alla grande, sia chiaro, tranne qualche “vuoto mentale” realizzato lasciando in sospeso il capitolo proprio nel bel mezzo di una frase che stacca fa spesso girare la testa per la rapida del tutto. Il lettore, infatti, si trova avvolto nella vuota routine di uno yuppie alla perenne ricerca di qualcosa che, nonostante i mezzi a disposizione gli consentano di ottenere qualsiasi cosa, continua a non trovare. Tentando di colmare quel vuoto con omicidi sempre più efferati.

Se nella prima parte del racconto Ellis vuole tenere sotto controllo ogni situazione, cercando di ricoprirla con una patina di normalità, dopo qualche capitolo si comincia a precipitare in un delirio in cui ci si trova completamente immersi prima di rendersene conto. Non si ha il tempo di riflettere su quello che succede attorno al protagonista, che ci si ritrova coinvolti in un’orgia o in un massacro a base di torture ai danni delle vittime più impensabili.

E credetemi, se fate fatica a tenere gli occhi aperti guardando film come Saw, Hostel o Martyrs perchè pensate che abbiano sorpassato le frontiere della sadicità e della tortura, il romanzo di Ellis, scritto nel 1991, non fa decisamente per voi. Direi che la celebre citazione di Nietzsche “Quando guardi a lungo nell’abisso l’abisso ti guarda dentro” si sposa alla perfezione con quello che, probabilmente, susciterà nei lettori meno abituati questo romanzo. Quindi se per voi i serial killer sono persone cattive che uccidono e poi vengono beccati dell’agente dell’FBI di turno, è meglio che leggiate Twilight, perchè anche Hannibal Lecter sembra Pippo di Walt Disney in confronto a Patrick Bateman.

Consigliato, ma solo a chi non è impressionabile. A tutti gli altri, se proprio dovete ficcare il naso, guardate il film. Ma sappiate che tutte le scene di violenza e pornografia sono state tagliate o ridimensionate in un modo che definire drastico sarebbe riduttivo.

Ringrazio Angie, proprietaria del Blog Misteri Angie Ginev, per avermi invitato a partecipare a questo gioco ed avermi permesso di scoprire parecchi blog molto interessanti.

Si tratta di un questionario composto da sette piccole e semplici domande:

1) IL POST IL CUI SUCCESSO MI HA STUPITO

Senza alcun dubbio Quella dello spaventapasseri è stata davvero una lunga notte. Non tanto per il numero di visite che ha totalizzato, quanto piuttosto perchè pensavo di parlare di un film di nicchia, che si è poi rivelato un classico apprezzato da gente ben più esperta di me in materia di horror.

2) IL MIO POST PIU’ POPOLARE

Statistiche alla mano, vince di parecchie lunghezze Mostro cartonato…taaaaac…. Inizialmente ne sono rimasto piuttosto sorpreso, anche perchè non si tratta di una vera e propria recensione. Comunque sono stato contento di scoprire quanto i mostri, specialmente nel contesto dei b-movie fatti come si deve, siano ancora parecchio apprezzati dai patiti del genere e non solo.

3) IL MIO POST PIU’ CONTROVERSO

Pole position per Lost: una candid camera durata sei anni. Di solito i pareri che raccolgono i miei articoli sono più o meno concordi, questo è l’unico post ad aver creato un vero e proprio dibattito (se così si può definire) tra la fazione che vede la fine di Lost come un’insensata bestemmia mediatica e chi ha avuto la fortuna di carpirne il senso ed è riuscito ad apprezzarla. Invidio molto chi ha apprezzato questa serie dopo la quarta stagione. Personalmente, nonostante notti intere passate a rifletterci e sviscerarne i significati, continua a sembrare una cazzata chiusa in fretta e furia e senza alcun senso logico.

4) IL MIO POST PIU’ UTILE

E’ stata una scelta dura, ma credo proprio che il titolo vada a Film finto, paura vera: cose da fare per un buon mockumentary. Ammetto che sono un pò titubante a parlare di utilità, data la natura di questo blog e soprattutto del film in questione, ma voglio citare questo articolo perchè grazie a lui mi hanno segnalato “The Tunnel”, piccolo gioiello che non mi sarei mai perdonato di lasciarmi sfuggire. E un grazie anche a Screammaker e ad Alice per la segnalazione.

5) IL MIO POST CHE NON HA AVUTO L’ATTENZIONE CHE MERITAVA

Forse Electronical weird. Pur rendendomi conto, a distanza di qualche mese, che il Theremin, anche essendo un’incredibile figata e frutto di puro genio, non verrà mai usato dai Bon Jovi a Wembley. Peccato, perchè sosterrò fino alla morte che, se usato sapientemente, sia la colonna portante di ogni b-movie.

6) IL MIO POST PIU’ BELLO

Bello è una parola piuttosto grossa in questo contensto. Credo comunque che il concetto che più gli si avvicini l’abbia espresso con Il cinema come atto d’amore. Ciò che Spielberg semina, J.J. Abrams raccoglie. Perchè in un blog che vive dell’amore per i film che provo io, aveva davvero bisogno di un film come Super 8. Anche se J.J. Abrams non si è fatto del tutto perdonare dopo l’abominio finale di Lost.
7) IL POST DI CUI VADO PIU’ FIERO

Sicuramente The walking dead: ma una serie sugli zombi può morire? Perchè mi ci sono divertito parecchio a scriverlo. Perchè ho ricevuto molti apprezzamenti e pareri concordi. E perchè, ultimo ma non meno importante tra i motivi, mi ha permesso di avere un prezioso ed interessante scambio di opinioni con veri esperti (Nick, Marcello Caruso e, ancora una volta, Alice e Screammaker. Che ringrazio di tutto cuore) in cui è venuto fuori il nome di Dead Set.

Sembrava più semplice sulla carta, ma è stato piacevole riscoprire i vecchi post. Ora si parte con le segnalazioni dei 7 blog che reputo interessanti e vorrei coinvolgere:

Waiting for the right doctor ottima intenditrice di cinema, senza contare che il 99% delle volte mi ritrovo ad avere gli stessi gusti.

Blog misteri Angie Ginev che mi ha segnalato questa iniziativa e proprietaria di un blog sui misteri e il paranormale davvero molto interessante.

Book and Negative di cui non mi vengono aggettivi che ne rispecchino la stima, semplicemente perfetto per contenuti e stile di scrittura.

Il giorno degli Zombi altra grande esperta di cinema e di horror in particolar modo. Tanti film sfiziosi non li avrei mai visti senza di lei.

Nocturnia adoro i suoi contenuti, sempre interessanti e trattati in maniera impeccabile.

Libri da leggere perchè, da amante della lettura, mi è di un’utilità sconfinata e ci ho trovato più di una volta dei preziosi consigli.

Il cinema spiccio di Frank Manila perchè, oltre al bellissimo nome, mi offre sempre spunti interessanti e perle cinematografiche da antologia.

Ci sarebbero anche parecchi altri blog che avrei voluto inserire, ma il gioco prevedeva una scelta, e questi sono senza dubbio i più importanti e significativi per me.

Spero possa essere utile a più persone possibile, e che altri decidano di partecipare divertendosi quanto me.

Apocalisse ZUna dichiarazione d’amore a tutti gli effetti. Questo ha voluto scrivere Manel Loureiro nella sua opera dedicata agli Zombi. Amore per i morti viventi che vengono generati da cause degne del miglior b-movie da drive in. Amore per il lento ed implacabile avanzare di un esercito di creature che hanno come unico scopo quello di divorare i pochi umani soprivvissuti. Amore per quella tradizione così deliziosamente anni ’80 che vede gli zombi come semplici quanto efferate creature senz’anima lente, stupide e pronte mordere qualsiasi cosa viva gli capiti a tiro.

Loureiro è cresciuto con i film di Romero. E non fa assolutamente niente per nasconderlo. Per questo il primo capitolo di questa sua trilogia è così ben riuscito.

Qualsiasi amante della trilogia zombi di Romero riconoscerà all’interno di questo romanzo scene e personaggi che da troppo tempo non si trovano in film del genere. Ed è forse questa la cosa che più manca al filone zombi cinematografico.

Quella che viene raccontata qui, è un’epidemia devastante, che annienta la civiltà come noi la conosciamo, lasciando spazio solo agli istinti di sopravvivenza e prevaricazione che da sempre gli uomini portano con sè. Quello che, però, si lascia apprezzare, è la totale assenza di eroi da copertina pronti a risolvere la situazione con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta. Qui le persone piangono, sono spaventate, sole e disperate e tendono a morire appena si distraggono un attimo. L’atmosfera non è mai distesa, anzi, qui l’inferno viene portato sulla terra in modo esemplare, sporcando e facendo marcire ogni cosa e senza lasciare alcuno spazio alla positività.

Vincente anche l’idea di ambientare tutto in Spagna (anche se gli avvenimenti, almeno fino al totale isolamento mediatico, si svolgono più o meno contemporaneamente in tutto il mondo), considerando che l’autore è un avvocato spagnolo. Questo aiuta il lettore a capire subito che Loureiro ha un’autentica passione per l’horror, e per gli zombi in generale, e che di questa passione ha fantasticato per ore e ore trascorrendo le giornate, raccogliendo le idee e prendendo appunti su come realizzare la sua opera.

Sarebbe impossibile raccontare, anche con poche parole, la trama. Ma se si prendono i primi tre capitoli della saga di Romero, e si tagliano le scene in cui le cose sembrano volgere al meglio, si ha un’idea più o meno fedele di quello che aspetta nelle pagine di questo libro.

Fa sempre piacere veder raccogliere degli ottimi frutti dalla passione pura per un genere che è stato da prima snobbato e deriso, e successivamente invaso da vampiri romanticamente problematici ed effemminati e da licantropi palestrati che pensano a tutto tranne che al sangue e alla caccia. In un panorama letterario in cui la disperazione e il marciume dell’horror puro è stato troppo spesso dimenticato a favore del glamour e dei troppi glitter, questo Apocalisse Z risulta un’ottima ventata d’aria fresca.

Guida Galattica per gli Autostoppisti

Douglas Adams è una persona geniale. Questo è quello che ho pensato appena ho finito di leggere questo libro. Poi ho avuto quei dieci minuti in cui ogni lettore (che lo ammetta o meno) si crogiola nella soddisfazione di essere appena arrivato alla fine di un libro e ripercorre le tappe di quell’avventura che lo ha accompagnato per qualche giorno, nel mio caso, a questa bella sensazione si è aggiunto dell’inevitabile senso di colpa per aver aspettato così tanto ad iniziare a leggere un libro tanto osannato da chiunque. In quei minuti non ho potuto fare a meno di pensare che Adams non solo è una persona geniale, ma è anche uno scrittore dotato della fantasia più irreverentemente comica e fertile di cui mi sia mai capitato di leggere (non me ne vogliano Lansdale e i suoi fan, ma credo che l’universo creato e popolato di improbabili personaggi di Adams resti comunque un gradino sopra il microcosmo texano che tanto apprezzo dei racconti di Lansdale).

Presumo che, visto che di questo libro si discute da anni, essendo una sorta di raccolta ispirata da racconti radiofonici degli anni ’70, più o meno chiunque ne conosca la trama, chi non conosce il libro potrà, forse, radersi la testa, coprirsi di catrame e piume d’oca mentre assiste ad una serata di lettura dei classici di Federico Moccia, ma io la trama la descrivo comunque, tanto per non farmi mancare nulla:

Arthur Dent si sveglia una mattina e scopre che fuori casa sua ci sono delle grandi ruspe gialle. Sono venute per abbattere la sua casa, che dovrà fare posto ad una tangenziale. Il suo amico Ford Prefect, dopo avergli rivelato di essere un alieno rimasto per quindici anni sulla Terra, lo convince ad abbandonarla perché, in ogni caso, anche la terra tra pochi minuti subirà lo stesso destino. Pare proprio che il nostro pianeta si trovi esattamente nel luogo dove sorgerà un’autostrada iperspaziale. Nonostante lo scetticismo iniziale di Arthur, i fatti lo indurranno a credere al suo amico, costringendolo così ad affrontare un viaggio attraverso la Galassia.

Una trama riassunta in poche righe non rende minimamente giustizia al racconto. Quindi, non volendo rivelare altro per evitare di rovinare la lettura altrui, vomiterò genialate a caso pescate a caso dalla storia, ma sia chiaro che senza il magico filo che collega e intreccia tutto questo all’interno del racconto a molti non sembreranno altro che stronzate senza senso. Queste persone sono sicuramente quelli che del libro non sanno niente, e sicuramente, a questi soggetti, i fan di Adams vorranno pagare di tasca loro il parrucchiere, il catrame e le piume d’oca per una miglior resa nell’attività intellettuale sopra citata.

Declamazioni di poesie aliene talmente orribili da uccidere, presidenti della Galassia idioti il cui unico compito è fare cazzate per intrattenere il popolo, designer di pianeti costruiti su richiesta, ostili flotte aliene ingoiate per sbaglio da cagnolini e (il colpo di genio assoluto) un’astronave a propulsione d’improbabilità che nel suo incedere genera eventi assurdi e comicamente mastodontici e un robot dalla personalità maniaco-depressiva che non perde occasione per disprezzare la sua vita.

Dette in un unico lungo elenco sembra di sentire Rutger Hauer che esce da un rave party di tre giorni e tenta di recitare la battuta finale del replicante di Blade Runner ma, come dicevo prima, il genio di Douglas Adams sta proprio nel riuscire a sfornare ad un ritmo pazzesco delle assurdità impossibili da immaginare per la mente di (quasi) qualsiasi lettore, e inserirle in una storia che scorre leggera e veloce dall’inizio alla fine, e che lascia anche la sensazione di aver letto qualcosa di talmente divertente che quasi sei convinto possa essere perfettamente credibile.

Quello lasciato da Douglas Adams resterà sempre un vuoto incolmabile nel mondo della letteratura surreale, ma sono stato profondamente onorato di iniziare, grazie a lui, un viaggio stupendo e pazzesco attraverso uno sconosciuto universo di cui ignoravo l’esistenza. Sono certo che alla fine del viaggio, guardare le stelle riuscirà sempre a strapparmi un sorriso, perchè quello che guarderò avrà un significato diverso.

Cthulhu

Ci sono giorni nella vita delle persone in cui queste si fermano qualche attimo a ripensare ad episodi del passato in cui la loro vita ha subito una svolta, positiva o negativa che sia non ha importanza, quella svolta c’è stata e niente al mondo avrebbe potuto fare in modo che le cose andassero diversamente.

Oggi ho ripensato alla volta in cui ho cambiato completamente la mia opinione sui libri. Grazie al genio di H.P. Lovecraft.

Ricordo che arrivavo dalle scuole elementari, e tutta la buona volontà di mia zia, di mia madre, e della maestra non erano mai riusciti a convincermi di quanto potesse essere utile spendere giorni a leggere un libro. Specialmente quando, vedendo in televisione il film ispirato dal libro, in due ore e senza lo sforzo di girare le pagine e immaginare le scene descritte ti potevi portare a casa la tua bella storia, salvando vacanze estive e tempo prezioso da impiegare su un campo di calcio.

Finchè non ti capita in mano un libro di Lovecraft, un libro che ti fa sentire figo solo tenendolo tra le dita, perchè hai sentito per anni parlare di questo scrittore dai tuoi amici più grandi, per anni ti sei dovuto far prendere per il culo perchè non lo avevi mai sentito nominare e per anni hai subito crudeli esclusioni da giochi di ruolo che promettevano di essere la cosa più entusiasmante che mai mente umana avesse concepito, ma tu di Lovecraft non sapevi niente, spiegartelo sarebbe stato impossibile, quindi era meglio per tutti se rimanevi a casa a e ti guardavi una puntata di Drive-In in TV. Piangendo dentro di te.

Comunque a un certo punto qualcosa di Lovecraft riesci a trovarlo, quindi pensi sia il momento di asciugarti le lacrime, alzare la testa e metterti a leggerlo per sbattere in faccia a tutti quello che pensi di poter capire. Sbagliato.

Perchè non hai la preparazione adatta, non sei allenato (nessun film dell’orrore ti potrà mai preparare a questo) e quindi, inevitabilmente, a pagina 13 inizi a cagarti addosso, ma cagarti addosso sul serio, con il fiato corto e il cuore che tenta di uscirti dal petto senza passare dal via ritirando i venti dollari. E se poi, nel bel mezzo della lettura (quella fase ipnotica in cui il mondo che ti circonda scompare e ti ritrovi dentro lo scenario del libro) il rumore di una porta che sbatte all’improvviso ti riporta alla realtà, capisci che non è il caso di proseguire, quindi fai un’orecchia alla pagina per non perdere il segno, chiudi il libro, molli la presa da gatto che ti ha fatto attaccare al soffitto per la strizza e riponi delicatamente il volume nella libreria prima di andare in bagno a cambiarti le mutande.

Ovviamente dopo a riprendere il libro non ci pensi nemmeno, ma in quei successivi cinque anni che passi a correre senza sosta dietro ad un pallone, un angolino della tua mente rimane costantemente rivolto a quella storia di Lovecraft, a Cthulhu e alla follia che potrebbe scatenare, al salto che hai fatto, a come ti sentivi stretto nella morsa della disperazione e non smetti di chiederti come possa un libro arrivare a farti provare una cosa simile. Ed è quando senti il bisogno di riprovare quel tipo di disperata paura, che sei pronto a leggere Lovecraft, perchè quella paura che tanto ti è mancata riuscirà ad assuefarti e farti arrivare in fondo al libro, per poi correre in libreria a cercare una raccolta di racconti ancora più completa e cazzuta.

Lovecraft ha il potere di catturare per sempre chiunque riesca a non aver paura della disperazione e del terrore, per questo si può essere certi, che di maestri di questo genere di letteratura non ce ne potranno mai essere.

Fulminato dal ricordo dei film da domenica pomeriggio di cazzeggio, e tornando sul vecchio discorso della qualità di certi film, non riesco a smettere di farmi domande che probabilmente sono trite e ritrite, ma a cui, ancora oggi, non riesco a dare risposte convincenti.

Perchè non si fanno quasi più grossi investimenti sui beast movie e gli eco vengeance?

Perchè certi film continuano a restare inviolati dall’operazione remake in corso da anni?

E’ vero che può sembrare un genere molto poco commerciale, ma come è possibile che vedendo gli incassi di film come Blu Profondo, Cloverfield o il Godzilla americano (per non parlare del recente remake di Piranha) a nessuno sia venuta la voglia di spremere per bene questo filone?

Come si può considerare anche solo lontanamente logico, per non dire utile, insistere a produrre centinaia di cagate come la serie Shark Attack e i suoi vari derivati aventi come protagonisti gli animali preistorici? (voglio dire: Mega Shark vs. Giant Octopus?!? Uno squalo di trenta metri che salta, arriva tra le nuvole, e addenta un aereo in volo per mangiare i passeggeri??? dai, non scherziamo, ci sono nuove droghe in circolazione???)

Guardare per credere (Shark attack 3):

Io non so per filo e per segno quali siano i processi che portano alla realizzazione di un film, ma sono certo che a un certo punto il regista, il produttore (che rompe il suo salvadanaio per fare un film e guadagnarci sopra vendendolo) e altri personaggi piuttosto pieni di soldi e potere si siedano in una stanza tutti insieme e guardino la pellicola finita. Mi chiedo, quindi, quali siano stati i commenti dopo aver finito di vedere Shark Attack 3 e quale sia stata la forza misteriosa che ha impedito la messa al bando da tutto l’universo di questa pellicola. Perchè il dvd di questo film non è stato dato in mano al capitano Kirk chiedendogli la cortesia di spararlo oltre il più remoto buco di culo sperduto dell’ultima galassia conosciuta, là dove nessun uomo avrà mai voglia di giungere?

Onestamente, anche se dovrei vergognarmi a dirlo, vado in visibilio per idee del genere. Incrocio sempre le dita sperando di vedere 90 minuti di recitazione vagamente decente e di effetti speciali che possano reggere il confronto quantomento con un Commodore 64 di seconda mano. E in un certo senso ammiro ed invidio la capacità degli americani di asfaltare i propri neuroni e radunarsi con tutta la famiglia davanti alla televisione con familiari e/o amici intrattenendosi con film del genere sempre e comunque.

Tempo fa, voci di corridoio davano per confermato una trasposizione cinematografica di Meg, un romanzo di Steve Alten (che poi ha dato inizio ad una sorta di saga), in cui una perforazione petrolifera di troppo riporta in superficie un Megalodon abbastanza grosso e incazzato da non farsi intimorire nemmeno da una nave da guerra.

Si diceva, tra le altre cose, che avrebbe dovuto essere una produzione da un budget più o meno elevato, ma tutto quello che è arrivato, almeno qui in Italia, è una ciofeca come Megalodon, che riprende più o meno fedelmente il romanzo di Alten, ma la cui resa è a dir poco di dubbio gusto (richiamare il capitano Kirk per piacere).

Ci sono i soggetti interessanti, ci sono sceneggiatori che si girano i pollici mentre producono Transformers 3, c’è la tecnologia giusta per rendere certe storie una figata, ci sono i concept e le tavolozze delle scene e ci sono addirittura registi talentuosi che avrebbero voglia di cimentarsi in certe prove. Quindi perchè non fare un bel lifting ad altri beast movie? Magari farne uno o due all’anno e farli bene?

Gli animali cazzuti non mancano mai in natura e a renderli ancora più cazzuti con qualche scusa adorabilmente incoerente non ci vuole poi molto, pensaci bene Hollywood.

Tre cose fondamentali che mi hanno portato a voler scrivere questa breve pseudo-riflessione:

1) Probabilmente questo non è il libro migliore di Palahniuk, ma non me frega un cazzo, la giornata è stata pesantina e l’orario è quello che è…quindi non vedo perchè parlare di opere migliori e ritrovarsi poi persi nelle mille sfaccettature a cui questo scrittore da sempre ci ha abituati.

2) Odio rivelare trame, ma questo libro parla di una gang bang (una donna che si scopa un numero considerevole di uomini più o meno contemporaneamente, per i profani) da guiness dei primati. Sul serio…è tutto qui, ci sono 5 personaggi in tutto il libro: una pornostar leggendaria, un pornodivo sul viale del tramonto e tre relitti umani che intrecciano le loro vite sul set di un porno che scriverà la storia del genere. Quindi diciamo ai perbenisti, moralisti e perchè no…anche ai pornografi incalliti che questo libro non è adatto ai loro gusti. Il porno e il sesso estremo (che, per inciso, non posso che considerare un aspetto più che positivo) sono solo una cornice per raccontare una storia che va dal comico al cinico nell’attimo che si può impiegare a battere le ciglia, benchè la storia ruoti attorno a tutt’altro.

3) Questo libro mi ha fatto conoscere, Palahniuk, so bene che non è il racconto che lo ha reso celebre nel mondo della letteratura, ma stiamo parlando della storia di una gang bang da 600 uomini. Come si fa a non amarlo? Come si può non apprezzare uno scrittore che ti trasporta in mezzo a 600 uomini con il pisello in mano e inizia a prenderli per il culo praticamente uno per uno?

In tutta onestà, credo che qualsiasi amante dell’horror un pò comico, delle atmosfere torride e polverose da paesino sperduto in piena route 66, qualsiasi persona a cui vengono i nervi vedendo quanto danno abbiano fatto i libri di Stephenie Meyer (e tutti i successivi cloni vampiri gotici amanti dei problemi esistenziali e con dei turbamenti emo) a un genere che di romantico e modaiolo non ha e non dovrebbe mai avere nulla, dovrebbe leggere un libro come questo:

Perchè, come vantavano le nostre maestre per i libri un pò pallosi che ci costringevano a leggere durante le vacanze estive, a questo libro non manca niente.

Ti sorprende, ti cattura con le sue trovate, a suo modo è anche in grado di disturbarti, ma subito dopo riesce a strapparti una risata che non dimenticherai per molto tempo.

Cerco di riassumere il tutto brevemente per non rovinare nulla a chi non ha letto il libro:

Una misteriosa cometa sorvola il più grande drive-in del Texas, causando un fenomeno atmosferico che isola completamente tutte le persone al suo interno. Intrappolate e costrette a nutrirsi di pop-corn e coca-cola, le persone impiegano ben poco a scatenare i loro peggiori istinti pur di sopravvivere, e quando le scorte di cibo finiscono, è il re del pop-corn a dettare legge…

Non mi vanto di aver passato in rassegna i capisaldi del genere, e ,ribadisco, credo che opere osannate come capolavori imprescindibili, il più delle volte finiscano con l’annoiare il lettore, poichè dalla trama uno arriva ad aspettarsi fin troppo. Tuttavia, durante la lettura di questo racconto di Lansdale finisci per sentirti a casa con dei cari amici (e chi conosce lo ha già letto sa quanto questo possa essere difficile). Ti senti vicino a posti che pensi irraggiungibili e che pagina dopo pagina pensi quasi che arriverai a toccare da tanto vengono descritti bene.

Il racconto in sè potrà anche non sembrare un granchè ai lettori più esperti, ma credo che chi sminuisce quest’opera (e questo autore in generale) non meriterebbe gli occhi per leggere (oltre che la bocca con cui sparare certe stronzate).

Meriterebbe, invece, di passare la vita tentando di far apprezzare John Milton alla cricca di Tamarreide.

Buonanotte.

Inanzitutto, lui ne sa…e parecchio.

Inoltre:

1. Le saghe horror migliorano esponenzialmente quando il protagonista diventa palesemente immortale, invulnerabile e con una forza capace di estrarre un cuore umano a mani nude e senza batter ciglio (e fanculo se certe cose possono essere ridicole, un vero fan a personaggi del genere si affeziona e non chiede di meglio che un killer fantasiosamente spietato).

2. H.P. Lovecraft, per me sei un Dio. Forse anche meglio, perchè il tuo vangelo lo hai scritto di tuo pugno invece che appaltarlo ad altri, e il risultato merita la stima di tutti i lettori del mondo.

3. Rod Serling: aver creato “Ai confini della realtà” è come avermi regalato un posto in prima fila per assistere alla nascita dell’universo. Grazie di cuore per tutto.

4. Stan Lee: senza di te la Marvel non è la stessa, ma ti adoro comunque (come adoro voi Jack e Steve!).

5. La fine di Lost è stata una cagata terrificante, proverò a non rivelare spoiler per rispetto di chi non ha ancora visto il finale (ammesso che esista ancora qualche persona), ma è stato davvero doloroso, come tornare a casa con una proposta di matrimonio e beccare la tua fidanzata a letto con il tuo migliore amico. J.J. Abrams: ti ringrazio per Cloverfield, probabilmente recupererai dei punti con Super 8, ma quella serie del cazzo potevi chiuderla meglio anche se ti fossi drogato (ma forse se ti fossi drogato alcune idee fighissime delle prime stagioni le avresti anche spiegate a noi poveri coglioni).